Quando si parla di bomba atomica, il pensiero corre subito agli Stati Uniti, all’URSS e alla corsa nucleare della Guerra Fredda. Ma pochi sanno che l’Italia fu tra i primi Paesi al mondo a sfiorare il segreto dell’energia nucleare, grazie a un gruppo di scienziati geniali noti come i ragazzi di via Panisperna. Se il contesto storico e politico fosse stato diverso, la storia dell’atomica italiana avrebbe potuto prendere una piega ben diversa.
Gli inizi: Fermi e il miracolo di via Panisperna
Tutto comincia negli anni '30 a Roma, dove un gruppo di giovani fisici, guidati da Enrico Fermi, compie scoperte fondamentali nel campo della fisica nucleare. Nel 1934 Fermi scopre il fenomeno della fissione nucleare indotta da neutroni lenti, anticipando di fatto la possibilità di innescare una reazione a catena. Tuttavia, all’epoca, nessuno – nemmeno lui – aveva ancora intuito il potenziale bellico di questa scoperta.
Fermi ottiene nel 1938 il Premio Nobel per la Fisica, ma il riconoscimento coincide con una svolta drammatica: le leggi razziali fasciste, emanate da Mussolini, colpiscono sua moglie Laura Capon, di origine ebraica. È la fine di un sogno scientifico tutto italiano: Fermi lascia l’Italia per gli Stati Uniti, dove contribuirà direttamente al Progetto Manhattan e alla costruzione della prima bomba atomica.
L’Italia rinuncia prima ancora di iniziare
Sotto il regime fascista, l’idea stessa di un’arma atomica non fu compresa né supportata. L’attenzione era rivolta a tecnologie più “tradizionali” (aerei, sommergibili, artiglieria), e le intuizioni di Fermi e dei suoi colleghi furono ignorate o sottovalutate.
Alcune ricerche teoriche continuarono sporadicamente negli anni della guerra, ma senza fondi né visione strategica, non si sviluppò mai alcun programma atomico organico.
Il dopoguerra: la corsa (mancata) all’atomo italiano
Nel secondo dopoguerra, l’Italia occupata dagli Alleati fu sottoposta a restrizioni militari, comprese quelle in ambito nucleare. Ma a partire dagli anni ’50, con l’ingresso nella NATO e lo sviluppo dell’energia nucleare civile, si riaccende l’interesse anche per un uso militare del nucleare.
Tra il 1957 e il 1962, sotto i governi Segni e Fanfani, venne elaborato un piano segreto per dotare l’Italia di un deterrente atomico autonomo, noto come Piano Alfa. L’idea era costruire testate nucleari italiane da montare su missili balistici prodotti dalla Selenia e da altri gruppi dell’industria bellica nazionale.
Tuttavia, gli Stati Uniti si opposero fermamente, offrendo in cambio l’opzione “nucleare condivisa” della NATO: l’Italia ricevette armi nucleari tattiche americane (come le testate per i missili Jupiter e successivamente per i Tornado) da ospitare sul proprio suolo senza controllo autonomo.
Il sogno atomico italiano svanisce nel 1975
Nel 1975, con la firma del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), l’Italia rinunciò ufficialmente allo sviluppo e al possesso di armi nucleari. Ogni ambizione nazionale fu abbandonata, e i programmi precedenti vennero declassificati o cancellati.
Le centrali nucleari italiane continuarono a funzionare fino al referendum del 1987 (dopo Chernobyl), che segnò la fine dell’era atomica anche sul fronte civile.
Cosa resta oggi dell’atomica italiana?
Oggi l’Italia non possiede armi nucleari proprie, ma continua ad ospitare bombe nucleari statunitensi (B61) nelle basi NATO, come quella di Ghedi e Aviano. Inoltre, partecipa al programma di condivisione nucleare, mantenendo piloti e velivoli addestrati per l’impiego di tali armi in caso di conflitto.
A livello storico e culturale, resta la consapevolezza che l’Italia è stata molto vicina a fare la storia, e che, se le condizioni politiche fossero state diverse, il nome di Enrico Fermi sarebbe potuto restare legato all’Italia anche nella corsa all’atomo bellico, anziché alla bandiera a stelle e strisce.
Curiosità e note finali
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Enrico Fermi è uno dei pochi scienziati al mondo ad avere un elemento della tavola periodica (il Fermio) che porta il suo nome.
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Secondo alcune fonti, la marina militare italiana negli anni ’60 valutò la possibilità di dotarsi di sottomarini lanciamissili a propulsione nucleare, ma il progetto non ebbe mai seguito.
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Nel 2023, documenti desecretati hanno confermato l’esistenza del Piano Alfa, svelando come l’Italia fosse a un passo dal diventare potenza nucleare autonoma.

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