Un anno fa, il 30 settembre 2024, si è chiusa per sempre la vita di chi aveva tolto quella dei miei cugini Vincenzo e Fabio.
Era il 3 settembre 1989 quando scomparvero improvvisamente. I giorni successivi furono pieni di angoscia e attesa: le ricerche, la speranza di un ritorno che non ci sarebbe mai stato. La loro auto fu ritrovata solo settimane dopo, immersa in un lago vicino, e con essa il tragico destino dei miei cugini. La notizia scosse profondamente tutta la famiglia: la perdita non era solo personale, ma si intrecciava con il dolore di una comunità intera.
Il processo si trascinò con le sue fasi, tra primo grado e appello. Alla fine, l’unico riconosciuto colpevole per il delitto fu chi aveva tolto loro la vita. Condannato a lungo, purtroppo scontò solo metà della pena grazie alla buona condotta. La giustizia degli uomini, pur facendo il suo corso, non poteva restituire Vincenzo e Fabio, né alleviare il dolore dei familiari.
Poi, lo scorso anno, la vita di quell’uomo si è interrotta a 68 anni per un attacco cardiaco. Non provo gioia, perché nulla potrà mai restituire ciò che è stato tolto, ma in quell’evento c’è un segno: la Giustizia Divina non ammette compromessi, non concede sconti, e rende il conto a chi ha seminato dolore.
Nonostante il tempo passato, porto ancora Vincenzo e Fabio dentro di me, nei ricordi, nei legami, nelle immagini di due ragazzi che meritavano di vivere una vita piena e non di essere strappati via così presto. Ogni giorno, la memoria di loro è un richiamo alla giustizia, all’amore per chi ci è caro e alla consapevolezza che la vita, pur fragile, conserva un equilibrio che spesso l’uomo non vede.
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