Dall'Internazionalismo alla Fiera delle Élite

La parabola della sinistra italiana tra abbandono sociale e rivoluzione culturale




Dalle origini al compromesso storico

La sinistra italiana nasce come movimento operaio e popolare, radicato nelle periferie industriali, nelle fabbriche, tra i ceti medi e i lavoratori. Il Partito Comunista Italiano di Berlinguer incarna un modello di lotta sociale e culturale che mira a rappresentare gli interessi delle classi subalterne, con un occhio attento alle questioni nazionali e internazionali.

Con il passare degli anni, però, la sinistra italiana inizia un processo di trasformazione, segnato dal compromesso storico, dall’entrata nel sistema e dalla progressiva moderazione delle istanze popolari in favore di un’apertura europeista e atlantista.


L’allontanamento dalle periferie

Dagli anni ’90 in poi, la sinistra italiana si sposta progressivamente dal cuore operaio e popolare verso le élite urbane, lasciando indietro le periferie e il ceto medio-lavoratore, che sono invece sempre più attratti da politiche sovraniste o populiste.

Questo allontanamento non è solo economico, ma anche culturale: le istanze sociali tradizionali vengono sostituite da temi di identità culturale e diritti civili, spesso percepiti come lontani dai problemi concreti della gente comune.


La rivoluzione culturale e il “festival delle élite”

La sinistra abbraccia così battaglie “culturali” come quelle sui diritti LGBTQ+, il femminismo intersezionale, le politiche migratorie aperte e il politicamente corretto. Questi temi, simbolizzati in eventi come il Gay Pride, diventano il nuovo terreno di conquista elettorale.

Se da un lato queste battaglie sono importanti per la difesa dei diritti, dall’altro esse vengono spesso percepite come un distacco dalle esigenze materiali di chi vive nelle periferie o nelle zone più deindustrializzate, creando un cortocircuito tra la base storica e la leadership.


Il prezzo del globalismo e dell’Europa

L’europeismo convinto, il sostegno incondizionato alle politiche di austerità e la fedeltà ai vincoli NATO accentuano ulteriormente il senso di estraneità che molti lavoratori e ceti medi avvertono verso la sinistra.

Il risultato è una sinistra sempre meno radicata nei territori, sempre più dipendente da settori intellettuali e mediatici, e meno capace di rappresentare gli interessi economici e sociali più tradizionali.




Conclusione: tra sfida e crisi d’identità

La sinistra italiana si trova oggi di fronte a una sfida cruciale: riconquistare la fiducia delle periferie, recuperare il rapporto con il lavoro e con il ceto medio, senza rinunciare alle sue battaglie identitarie e culturali.

La sfida sarà difficile, perché richiede un equilibrio che finora è mancato: non un abbandono delle nuove istanze, ma una riconciliazione tra diritti civili e giustizia sociale, tra globalismo e radicamento territoriale.


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