In oltre 160 anni di unità nazionale, il Mezzogiorno continua a vivere in uno stato di sudditanza istituzionalizzata. Nonostante le belle parole sull’unità, la solidarietà e la fratellanza, la realtà quotidiana racconta un’Italia spaccata in due: da una parte le regioni favorite, che godono di infrastrutture moderne, di autonomia finanziaria e di rappresentanza politica; dall’altra il Sud, sistematicamente marginalizzato e trasformato in una colonia interna.
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Ascaro |
Le responsabilità sono trasversali. Nessun partito nazionale, da destra a sinistra, ha dimostrato di voler realmente sanare il divario territoriale. Ogni governo ha fatto "figlio e figliastri", tutelando le Regioni più ricche e lasciando alle altre solo le briciole. Lo si vede nelle leggi di bilancio, nei fondi strutturali, nella distribuzione dei servizi essenziali, ma anche nella composizione degli esecutivi e nella Conferenza Stato-Regioni, dove le Regioni più forti impongono la linea.
Anche la rappresentanza politica riflette questa disparità. I Presidenti del Consiglio provenienti dal Centro-Nord si contano a decine. Dal Sud, pochi e spesso deboli, quasi mai veramente autonomi. Ai meridionali è stato concesso più spesso un ruolo decorativo: la Presidenza della Repubblica, quella del Senato o della Camera — onorificenze che non decidono le politiche, ma che aiutano a far credere che l'Italia sia una e indivisibile.
Lo schifo, però, si completa con la complicità criminale delle élite locali. Diciamolo senza giri di parole: i politici meridionali che hanno aderito alla Lega sono traditori del Sud. La Lega è il partito che ha insultato, denigrato e umiliato i meridionali per decenni. Ha sventolato il disprezzo come bandiera, invocando secessioni e diffondendo l’idea che il Sud fosse solo un peso.
Poi, quando il vento è cambiato, la Lega ha cambiato pelle. È sbarcata al Sud come un tempo Garibaldi. E ha trovato chi le aprisse le porte. Sindaci, assessori, consiglieri: una folla di moderni ascari pronti a inginocchiarsi pur di ottenere uno strapuntino di potere, un invito in TV, o una candidatura sicura.
Questi soggetti sono il peggio della classe dirigente meridionale. Non solo non difendono la propria terra, ma si fanno strumenti della sua sottomissione. Fingono di rappresentare il territorio, ma obbediscono ai comandi che arrivano da Milano, Bergamo, Varese. Sono burattini travestiti da politici.
Il risultato? Il Sud continua a emigrare, a spopolarsi, a morire di disillusione. Continua ad aspettare investimenti che non arrivano, infrastrutture che restano solo nei progetti, una politica che non sia schiava del Nord.
Ma forse è ora di smettere di aspettare. È il momento di smascherare i traditori. Di dire chiaramente che non esiste fratellanza se c'è chi si comporta da colonizzatore e chi, peggio, da servo felice del colonizzatore.
Il Sud non ha bisogno di mediatori del nulla. Ha bisogno di coraggio, di coscienza e di gente che non si pieghi per un piatto di lenticchie padane.

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