Il Sud che arriva ultimo può diventare il primo: l’isola di progresso che ancora non vediamo


Si dice spesso che nel Mezzogiorno le novità arrivino sempre in ritardo. Le tecnologie, le riforme, le mode culturali, persino le idee di progresso passano prima per Milano, Bologna o Torino e solo anni dopo trovano spazio a Napoli, Bari o Palermo. Non è un caso: il provincialismo degli abitanti, la diffidenza cronica verso il nuovo e il conservatorismo delle classi dirigenti hanno costruito un muro che respinge ogni tentativo di innovazione.

Eppure proprio qui, dove tutto sembra immobile, può nascere una vera rivoluzione. Un’isola di progresso in Italia Meridionale è possibile, e non come eccezione romantica, ma come laboratorio concreto.

La storia lo dimostra: i luoghi che arrivano ultimi al cambiamento, quando finalmente si muovono, spesso saltano direttamente alcune tappe e si lanciano più avanti. È accaduto con certe città asiatiche, che da villaggi arretrati sono diventate metropoli tecnologiche in una generazione. Accade anche in piccoli borghi del Sud dove esperimenti culturali, sociali o imprenditoriali — spesso snobbati all’inizio — hanno poi acceso interi territori.

Il punto è che il provincialismo può trasformarsi da maledizione a risorsa. Quella lentezza che oggi rallenta, domani può custodire autenticità, comunità, legami che altrove sono stati già spazzati via dalla corsa cieca alla modernità. Se a questi valori antichi si aggiunge la forza di una visione nuova, allora il Sud non sarà soltanto ultimo ad adottare i cambiamenti altrui, ma potrà diventare il primo a inventarne di propri.

Un’isola di progresso non nasce convincendo tutti, ma resistendo al ridicolo iniziale. È un bar che diventa centro culturale, una scuola che adotta modelli innovativi, un gruppo di giovani che apre un’impresa globale restando a Matera o a Reggio Calabria. All’inizio sembrano utopie isolate. Poi, quando i risultati si vedono, la diffidenza crolla.

Il Mezzogiorno non ha bisogno di copiare il Nord, né l’Europa del Nord. Ha bisogno di accendere piccole fortezze di progresso che funzionino davvero, nonostante lo scetticismo. Perché quando il Sud “arriva” al futuro, spesso lo fa con più passione, più identità, più coraggio.

Il vero paradosso è che proprio dove oggi tutto sembra in ritardo, domani potrebbe accendersi la scintilla capace di guidare gli altri. Ma per vederla, serve qualcuno disposto a restare, a resistere e a credere che l’isola possa diventare faro.

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