Nino Bixio è una delle figure più controverse del Risorgimento italiano. Nato a Genova nel 1821, crebbe come uomo d’azione, impetuoso e intransigente, qualità che lo resero uno dei più fidati collaboratori di Giuseppe Garibaldi. Con lui combatté in Sud America, a Roma nel 1849 e infine nella spedizione dei Mille, diventando un simbolo della determinazione e della forza d’urto dell’armata garibaldina. Tuttavia, se nella memoria nazionale fu celebrato come patriota, nel Meridione d’Italia il suo nome evoca ancora oggi ferocia e repressione.
Il momento cruciale che segna la nascita della sua leggenda nera è l’eccidio di Bronte, in Sicilia, nell’agosto del 1860. Qui una rivolta contadina, alimentata dalle speranze di una redistribuzione delle terre promesse dai garibaldini, esplose in modo caotico e violento. Bixio, incaricato di riportare l’ordine, scelse la via più rapida e brutale: processi sommari, fucilazioni immediate, sangue versato senza distinzione tra colpevoli e innocenti. Bronte rimase così impresso come il simbolo di un tradimento e di una repressione feroce che rivelava l’abisso tra le aspettative popolari e la realtà del nuovo Stato unitario.
Negli anni successivi, Bixio fu protagonista anche nella lotta al brigantaggio, che a molti meridionali apparve come una vera e propria guerra civile condotta con strumenti disumani. I suoi rapporti e le sue lettere trasmettono un’immagine impietosa delle popolazioni del Sud, considerate arretrate, indolenti, persino “bestiali”. Parole e azioni che contribuirono a cementare l’idea di un uomo incapace di comprensione e incline alla repressione spietata.
Eppure, nell’Italia ufficiale, la sua immagine rimase quella dell’eroe nazionale. Strade, piazze, caserme e persino navi della Marina militare portarono e portano ancora oggi il suo nome. La storiografia post-unitaria mise in risalto il patriota ardente, dimenticando o minimizzando le ombre delle sue azioni. Fu solo con la riscoperta critica del Risorgimento da parte dei movimenti meridionalisti e neoborbonici, soprattutto a partire dal Novecento, che la sua figura venne rimessa in discussione e contrapposta a quella eroica tramandata dalla retorica scolastica.
La provocazione di chi paragona le strade intitolate a Bixio a ipotetiche vie dedicate a Hitler in Israele non è tanto una questione di paragone storico, quanto un grido di memoria: ricorda che, per una parte della popolazione, quell’eroe celebrato altrove fu invece il volto della violenza e della sopraffazione. La sua vicenda rivela in fondo la natura ambivalente del Risorgimento stesso, insieme epopea patriottica e tragedia per chi lo visse dalla parte dei vinti.
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