1. Introduzione: una destra che non si chiama destra
Nella narrazione ufficiale della Prima Repubblica, si parla spesso di due poli: la Democrazia Cristiana al centro e il Partito Comunista Italiano all'opposizione. In mezzo, però, si muoveva una galassia politica poco definita ma potentissima: una destra moderata, silenziosa, istituzionale, priva di un’identità esplicita ma dotata di un’eccezionale capacità di sopravvivenza e adattamento.
Quella che, per comodità (e con un pizzico di ironia), possiamo chiamare “destra badogliana”.
Ma perché questo nome?
Questa destra non aveva un partito, ma aveva lo Stato. Era presente nei ministeri, nelle prefetture, nelle banche pubbliche, nella RAI, nelle imprese a partecipazione statale, nelle fondazioni bancarie e nelle università. Non faceva ideologia, faceva prassi. Controllava. Mediava. Conservava.
2. Una destra nel corpo della DC
Era una destra di gestione, non di ideologia. Preferiva gli equilibri alle rivoluzioni, l’ordine alla trasparenza, il compromesso alla rottura. Parlava in codice: “difesa dei valori”, “ordine costituito”, “responsabilità istituzionale”.
3. Il pentapartito e la gestione del potere
Il mantra era uno solo: tenere lontani i comunisti dal governo, con ogni mezzo possibile. Anche a costo di allearsi col diavolo, o con la corruzione sistemica.
4. Tangentopoli e la grande frattura
Fu in questo vuoto che emerse Silvio Berlusconi, imprenditore televisivo, uomo vicino a Craxi, dotato di mezzi, carisma e un potente apparato mediatico. La sua discesa in campo nel 1994 rappresentò l’atto di rifondazione della destra moderata italiana. Una destra che non si chiamava destra, ma “liberale”, “popolare”, “antitasse”, “del fare”.
5. Il travaso: la mutazione genetica del potere
La narrazione cambiò: non più “bambini mangiati”, ma “toghe rosse”, “giudici comunisti”, “bolscevichi con l’Euro”. Lo stile mutò: non più il latino dei circoli romani, ma lo show televisivo di Emilio Fede e i titoli sparati del Giornale. Ma la sostanza era sempre quella: una destra di sistema che rifiutava l’idea di sinistra al potere.
6. Il lascito: dal Cavaliere alla Meloni
Con la progressiva uscita di scena di Berlusconi, e il crollo del suo carisma personale, parte di quella destra si è riversata prima in governi tecnici (Monti, Letta, Draghi), poi nel nuovo centrodestra meloniano. Anche oggi, molte delle classi dirigenti politiche e amministrative non derivano tanto da un pensiero conservatore europeo, quanto dalla tradizione badogliana della sopravvivenza e dell’equilibrismo.
7. 2025: il ritorno silenzioso (e permanente)
Nel 2025, la destra italiana governa con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, sostenuta da una maggioranza compatta che ha archiviato l’era del “centrodestra allargato”. Fratelli d’Italia ha assorbito l’elettorato più ideologico della destra post-MSI, ma al governo è riemersa con forza la vecchia anima badogliana.
Funzionari esperti, dirigenti ex-DC, tecnici ministeriali riciclati, apparati amministrativi legati ai governi precedenti: il cuore dello Stato non è stato rivoluzionato, ma lentamente riconquistato da quella destra che non si proclama tale, ma si limita a essere presente, operativa, resistente al cambiamento.
Molti ruoli chiave — dalle aziende partecipate ai gabinetti ministeriali — sono occupati da professionisti che erano già in sella sotto Berlusconi, Letta, Draghi. La rottamazione non è mai avvenuta davvero. La cultura dell’equilibrio, del “tenere i nervi saldi”, della prudenza istituzionale, si è ripresentata con abiti nuovi: nazionalismo a parole, realpolitik nei fatti.
Nel frattempo, l’opposizione — una sinistra divisa e sempre in fase identitaria — continua a non riuscire a mangiare i bambini, né tantomeno a governare davvero. La paura del comunismo non serve più. Ora si usano parole nuove: globalismo, gender, elite, Bruxelles. Ma il meccanismo è lo stesso.
Il potere vero — quello che non si vede ma si sente — non si fa eleggere, si fa confermare. E in questo, la destra badogliana è ancora una volta protagonista, perfettamente integrata nel sistema che ha contribuito a plasmare per oltre settant’anni.

Nessun commento:
Posta un commento