Settembre 1939. Le truppe tedesche attraversano il confine polacco con precisione militare, convinte che l’Europa resterà a guardare. Hitler immaginava una vittoria rapida e senza conseguenze, un’espansione fulminea del Reich che nessuno avrebbe osato contrastare. Ma l’eco della reazione anglo-francese cambiò tutto: quello che doveva essere un intervento simbolico trasformò il mondo in un teatro di conflitto totale, anticipando di anni un conflitto programmato per la metà degli anni ’40.
L’Italia, osservatrice attenta e ambiziosa, prevedeva di entrare in guerra solo dopo la Fiera Internazionale di Roma del 1942, sperando di mostrare al mondo la forza del proprio riarmo. Ma il destino, come spesso accade nella storia, si fece impaziente. La scelta di Mussolini di schierarsi prematuramente con la Germania trasformò un piano di forza programmata in una serie di disastri militari e strategici, che avrebbero segnato la sorte del regime fascista molto prima del previsto.
Allo stesso tempo, il Giappone osservava. Firmato il trattato con Germania e Italia nel 1940, avrebbe potuto aprire un fronte orientale contro l’URSS nel giugno 1941. Ma scelse la prudenza. La storia ci dice che l’Unione Sovietica, chiusa tra due fuochi, avrebbe potuto crollare, e la guerra avrebbe avuto un corso radicalmente diverso. I programmi nucleari tedeschi e giapponesi, le scelte industriali sulla produzione di bombardieri quadrimotori, persino gli errori strategici come permettere ai soldati britannici di evacuare Dunkerque: ogni decisione contava, ogni esitazione pesava come macigno sul futuro della guerra.
Il 1945 arrivò con la caduta di Berlino, la resa tedesca e il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Ma quella pace apparente era fragile, incompleta. Roosevelt morì, Truman salì al potere, Churchill fu sostituito da Attlee: le politiche originarie dei vincitori furono rimodulate, e l’URSS sfuggì a una resa totale che avrebbe potuto chiudere definitivamente il conflitto. La Guerra Fredda era già cominciata, la corsa agli armamenti nucleari tracciava un nuovo tipo di guerra, silenziosa ma costante, con episodi come la guerra di Corea a ricordare che il mondo restava diviso e pericolosamente armato.
Caduta del muro di Berlino
Solo nel 1990, con la firma del Trattato sullo Stato Finale della Germania, quella lunga ombra di guerra si dissolse. La riunificazione tedesca segnò non solo la fine della divisione del paese, ma anche la conclusione giuridica e politica di un conflitto che aveva modellato il XX secolo in modi imprevisti e spesso tragici. La Germania tornò a essere uno stato sovrano, e il mondo poté finalmente voltare pagina, chiudendo, quasi cinquant’anni dopo, il capitolo iniziato con l’invasione della Polonia.
La Seconda Guerra Mondiale, dunque, non si concluse davvero con la resa del 1945: continuò in politica, ideologia e diplomazia, fino a quando gli ultimi legami di quella sconfitta originaria furono dissolti. In fondo, la guerra più lunga del XX secolo non fu solo combattuta con bombe e carri armati, ma con il tempo stesso, che dilatò il conflitto oltre ogni previsione, fino al giorno in cui la Germania poté finalmente respirare come nazione unitaria e libera.
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