Gli Ebrei nello Stato Pontificio e le angherie subite

Nella Roma papalina, fino al 1870 e alla presa di Porta Pia, la condizione degli ebrei era segnata da discriminazioni, umiliazioni e coercizioni che affondavano le radici nel Medioevo. Lo Stato della Chiesa, pur avendo momenti di maggiore tolleranza, mantenne a lungo un regime di separazione e subordinazione.


Il Ghetto

Nel 1555, con la bolla Cum nimis absurdum di papa Paolo IV, fu istituito il Ghetto di Roma, una zona angusta e malsana sulle rive del Tevere, nei pressi del Portico d’Ottavia. Qui gli ebrei erano obbligati a vivere, chiusi da cancelli che si aprivano al mattino e si serravano al tramonto. Le abitazioni erano sovraffollate, le condizioni igieniche pessime, e spesso le piene del fiume allagavano i piani bassi con gravi conseguenze.

Ghetto di Roma - scorcio della sinagoga


Restrizioni e umiliazioni

Gli ebrei non potevano possedere beni immobili, erano esclusi da molte professioni e obbligati a portare un segno distintivo (cappelli gialli per gli uomini, veli dello stesso colore per le donne). Dovevano inoltre subire pubbliche prediche di conversione.


Le prediche forzate

Una delle umiliazioni più dure era l’obbligo di assistere alle prediche coatte: gli ebrei venivano condotti nella chiesa di San Gregorio a Ponte Quattro Capi, proprio ai margini del ghetto, dove regolarmente venivano loro rivolti sermoni volti a convincerli a convertirsi. Non era possibile sottrarsi: la partecipazione era obbligatoria, e l’esperienza era vissuta come una violenza psicologica.


Conversioni forzate e rapimenti di bambini

Il caso più famoso è quello di Edgardo Mortara (1858). Nato a Bologna da una famiglia ebrea, da piccolo fu battezzato di nascosto da una domestica cattolica che temeva per la sua salute. Quando le autorità pontificie ne vennero a conoscenza, ordinarono che fosse sottratto ai genitori e affidato a un’istituzione cattolica, perché, essendo ormai cristiano, non poteva crescere in una famiglia ebrea. Pio IX seguì personalmente il caso, rifiutando ogni richiesta di restituzione. Questo episodio ebbe enorme risonanza internazionale, diventando simbolo delle angherie inflitte agli ebrei nello Stato Pontificio.


L’uscita dal ghetto

Solo con l’arrivo delle truppe italiane nel 1870 e la fine del potere temporale dei papi, i cancelli del ghetto furono abbattuti. Da quel momento gli ebrei ottennero la piena cittadinanza, anche se il peso delle discriminazioni secolari non svanì subito.

Quello che emerge è che la Roma papalina, lungi dall’essere solo la capitale spirituale del cattolicesimo, fu anche un luogo di oppressione per chi professava un’altra fede. Le conversioni forzate, le prediche coatte e i rapimenti di minori restano tra le pagine più buie della sua storia.

La mia Menorah a casa


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