Il 22 novembre 1963, la città di Dallas diventò teatro di un evento destinato a cambiare per sempre la storia americana: l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. La versione ufficiale, quella della Commissione Warren, parla di un singolo individuo, Lee Harvey Oswald, che agì da solo. Secondo questa narrazione, Oswald avrebbe sparato dal deposito di libri scolastici senza alcun complice né sostegno esterno. Tuttavia, sin dai primi istanti dopo la tragedia, questa spiegazione ha suscitato dubbi e scetticismo, dando origine a una delle più longeve e complesse serie di teorie del complotto del XX secolo.
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| L'attentato di Dallas - 22 novembre 1963 |
Tra le ipotesi più ricorrenti vi è quella che coinvolge la mafia americana. L’amministrazione Kennedy, e in particolare Robert Kennedy, aveva dichiarato guerra aperta al crimine organizzato, creando nemici potenti e ben collegati. Alcuni legami tra Oswald, Jack Ruby – l’uomo che poche ore dopo l’assassinio uccise Oswald – e ambienti mafiosi di New Orleans e Chicago, hanno alimentato sospetti concreti. In questa prospettiva, l’attentato non sarebbe stato un atto isolato, ma il risultato di una logica di vendetta e di preservazione di interessi criminali, con Ruby come pedina di collegamento.
Altra pista intrigante riguarda la CIA e i settori deviati dell’apparato statale. Il conflitto tra Kennedy e l’agenzia di intelligence americana era evidente: dalla fallita invasione della Baia dei Porci alla gestione della crisi dei missili di Cuba, il presidente era percepito da molti funzionari come un ostacolo per la politica estera aggressiva degli Stati Uniti. Documenti desecretati in anni successivi mostrano operazioni e rapporti non divulgati, lasciando aperta la possibilità che elementi interni abbiano pianificato l’assassinio o, quanto meno, abbiano contribuito a insabbiarne le tracce.
Molti hanno anche avanzato l’ipotesi che più cecchini abbiano partecipato all’attentato. Alcuni testimoni riportarono colpi provenienti dal cosiddetto grassy knoll, mentre analisi successive hanno sollevato dubbi sulla cosiddetta “magic bullet”, la pallottola che avrebbe colpito Kennedy e il governatore Connally seguendo una traiettoria apparentemente impossibile. Sebbene nessuna prova fisica abbia mai confermato la presenza di più tiratori, il mistero della dinamica dei colpi continua a nutrire sospetti su una verità molto più complessa di quella raccontata ufficialmente.
Le ipotesi meno probabili ma comunque presenti nella narrazione alternativa coinvolgono Cuba, l’URSS o addirittura intrighi interni alla politica americana. Castro, in fuga da continue operazioni della CIA mirate a eliminarlo, e Oswald stesso, con il suo passato legato all’Unione Sovietica, sono stati a lungo citati come potenziali mandanti o pedine. Tuttavia, la mancanza di prove concrete e l’alto rischio politico rendono queste versioni molto più fragili.
Ciò che emerge con chiarezza è che, a sessant’anni di distanza, l’assassinio di Kennedy resta avvolto da un alone di incertezza. La versione del “lupo solitario” non riesce a spiegare tutte le anomalie, mentre le connessioni tra mafia, apparato statale e possibili più fucilieri offrono una cornice di plausibilità maggiore. Dallas 1963 non fu solo un omicidio: fu un evento in cui il potere, il crimine e la politica internazionale si intrecciarono in modi che ancora oggi sfidano la nostra comprensione.

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