Democrazia sotto attacco: perché serve formazione politica

L’improvvisazione in politica non è un dettaglio innocuo, non è semplicemente la “moneta cattiva che scaccia la buona”. È un pericolo reale, che mette in gioco il destino della democrazia stessa. In un mondo in cui élite economiche attendono solo il collasso dei sistemi democratici per consolidare monopoli e cartelli, la superficialità dei governanti non è solo una debolezza: è un’occasione di predazione. Poco importa se sparisce il ceto medio o se gran parte della popolazione cade in miseria, perché per chi conta solo il profitto la crisi è un’opportunità.



Eppure, la democrazia non è condannata a trasformarsi in tirannide. Ogni regime ha un ciclo: nascita, maturità, decadenza. Ma la durata di quel ciclo dipende dalla capacità dei cittadini di comprendere, partecipare e guidare. Salvare la democrazia non è un gesto simbolico: è un atto di responsabilità, un impegno concreto contro chi, silenzioso e potente, attende il suo cadavere.

Contrastare l’improvvisazione non significa solo smascherare il dilettante che si presenta alle elezioni comunali senza esperienza. Significa costruire strumenti, reti, scuole di formazione politica capaci di trasmettere conoscenza e visione. Non si tratta di distinguere tra delibera e determina: si tratta di formare menti in grado di leggere la società, di anticipare le conseguenze delle decisioni, di governare con consapevolezza.

E tutto questo deve partire dal piccolo, dal concreto. È nella gestione quotidiana delle comunità locali che nasce la competenza necessaria per affrontare sfide più grandi. La politica non si improvvisa: si impara, si costruisce, si difende. La democrazia sopravvive solo se chi la guida non è un improvvisatore, ma un custode attento e preparato.

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