La storia ufficiale racconta l’Armistizio di Cassibile come una resa militare, la fine di un incubo e l’inizio di una liberazione. Ma sotto la superficie, molti indizi suggeriscono che in quella calda giornata del 3 settembre 1943 non si firmò solo la fine della guerra per l’Italia: si scrisse anche la sceneggiatura di un Paese destinato a vivere per decenni sotto tutela, tra poteri invisibili e criminalità organizzata.
La presunta “clausola della sovranità limitata” si manifestò subito. L’Italia non fu più padrona delle sue scelte: basi americane permanenti, NATO come gabbia dorata, Piano Marshall che portava sì ricostruzione, ma anche dipendenza. È come se l’8 settembre avesse stabilito che il Paese non sarebbe mai stato del tutto libero, un protettorato mascherato da democrazia.
Accanto a questo, la mafia risorse dalle ceneri. Non per un piano esplicito, ma per una serie di decisioni “pratiche” degli Alleati che, affidandosi a notabili siciliani, spalancarono le porte a boss come Calogero Vizzini. La mafia divenne interlocutore utile, un alleato silenzioso nel controllo del territorio e nell’arginare l’influenza comunista. Non serviva scriverlo su un documento: bastava lasciare che accadesse.
E da lì, il resto venne da sé. Gli anni Cinquanta e Sessanta segnarono l’intreccio tra politica, affari e criminalità. Ma la vera eredità di Cassibile riemerse nella stagione più cupa: la strategia della tensione. Stragi come Piazza Fontana, Bologna, Brescia non furono che un altro volto della stessa “clausola occulta”: l’Italia non poteva decidere da sola il proprio destino. La guerra era finita, ma la Guerra Fredda la inchiodava a un ruolo: bastione contro il comunismo, anche al prezzo di destabilizzazioni interne.
Gladio, i servizi segreti deviati, i misteri mai chiariti sulle stragi terroristiche, le collusioni tra potere politico e logge segrete come la P2: tutto sembra l’eco di quel primo accordo mai scritto. Una clausola non codificata che diceva: l’Italia non deve mai sfuggire al controllo. Per garantirlo, ogni mezzo è lecito: dalla protezione dei boss locali al sacrificio di innocenti nelle piazze.
Così, dal 1943 agli anni Ottanta, si dipana un filo rosso che lega Cassibile a Palermo, da Portella della Ginestra a Bologna. Un filo fatto di impunità e di sangue, che solo con le inchieste del Pool antimafia iniziò a spezzarsi, mostrando che sotto il tappeto della Repubblica si nascondeva la polvere di un patto oscuro, stipulato nell’ora più drammatica della nostra storia.

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