La tragica fine del giornalaio (TUTTO VELENO)

Erano passati mesi da quando i suoi articoli online mi avevano infangato. Molti mi consigliavano di lasciar perdere: “Il tempo è galantuomo”, dicevano. Altri suggerivano vie più dure, legali o meno. Io scelsi una terza strada, diversa dalla politica aggressiva del giornalaio.

Lui si vantava di essere fascista in una città storicamente comunista, un presidio nero in un mare rosso. Quel contrasto era parte del suo orgoglio, ma anche della sua vulnerabilità.

Era stato cacciato da Fratelli d’Italia perché considerato troppo estremista. Aveva avuto qualche abboccamento con esponenti locali della Lega, facendo pure lui il missionario cristiano a La Mecca.
La sua colpa non era di essere fascista, ma di essere uno che aveva pestato i piedi alla persona sbagliata. 



La mia vendetta 

Anni prima avevo ricevuto la pagellina del trigesimo di Antonio Pagano, un conoscente morto suicida a cinquant’anni. Si era impiccato nell’androne del palazzo antico dove viveva. La notizia era passata in sordina: i parenti avevano nascosto il fatto al parroco per ottenere funerali in chiesa. Il suicidio era certo, confermato da fonte affidabile.

Usai quella pagellina. La spedii al giornalaio insieme a un po’ di polvere di chiodo di bara, procurata da Francuccio ‘o campusantiero, e a un foglio con scritto:
“COME IN ALTO COSÌ IN BASSO, COME DENTRO COSÌ FUORI, COME ANTONIO, TU MUORI.”

Il giornalaio, sempre sotto sorveglianza, temeva rapimenti e vendette di lupara bianca. Mai avrebbe immaginato il “maleficio dell’impiccato”. Il suo errore fu ignorare l’avvertimento, buttando via tutto e rifiutando qualsiasi aiuto spirituale.

Settimana 1 – Segnali impercettibili
Nulla accadde subito. Il giornale cresceva, nuovi collaboratori bussavano alla sua porta, inserzionisti comparivano come per magia.
Poi, una mattina, trovò una tau francescana sulla tomba del padre al cimitero. Una malinconia indefinita lo colpì: ricordi dei genitori, sacrifici dimenticati, parole non dette. Sentiva un nodo al petto che cresceva senza motivo apparente.

Settimana 2 – Piccole fratture
I sogni divennero inquietanti: Antonio Pagano compariva tra ombre e corridoi vuoti. Ogni notte la figura lo fissava, muta, mentre lui sentiva un soffocamento invisibile.
Durante il giorno, irritazioni improvvise, rabbia per dettagli banali, invidia verso colleghi che avevano successo. Ogni piccolo ostacolo sembrava una montagna insormontabile.

Settimana 3 – La discesa
Gli articoli persero mordente. Collaboratori fidati iniziarono a notare il suo cambiamento: occhi spenti, risate forzate, gesti nervosi. La frustrazione politica si trasformò in ossessione: sogni di potere sfumati, città ostile, articoli ignorati.
Il maleficio agiva come una corda invisibile, che si stringeva lentamente intorno al suo collo: il senso di vuoto cresceva, la rabbia e il rimorso si mescolavano in un dolore che non riusciva a esprimere.

Settimana 4 – La stretta finale
La depressione lo inghiottì. Per strada, i vicini sembravano sfuggirgli, sorrisi e parole affettuose divennero ostilità immaginaria. Ogni oggetto familiare, ogni ricordo, evocava colpa e fallimento.
Gli antidepressivi non bastavano più. Le giornate erano pesanti, scandite da malessere fisico e angoscia crescente. Ogni movimento era uno sforzo, ogni parola un peso.

Una mattina, mentre guardava la città dal balcone, la corda immaginaria del maleficio era ormai un nodo inestricabile. Il vuoto dentro di lui, gonfio di rimpianti, fallimenti e rimorsi, prese il sopravvento. Senza un grido, senza esitazione, il giornalaio sparì nel vuoto, cadendo sul tetto di un’auto sottostante. I sanitari chiamati dal 118 poterono solo constatare il decesso. Era il 3 dicembre. 


Epilogo

Il maleficio dell’impiccato si era compiuto. Silenzioso, graduale, inesorabile. Non era stata vendetta politica, né errore umano: era stata la lenta pressione di un destino occulto, un filo invisibile che aveva legato l’uomo al suo destino fino all’ultimo respiro.

Nessun commento:

Posta un commento

Morti di serie A, cadaveri di serie B

È curioso come la morte, che dovrebbe essere la grande livella, finisca sempre per essere usata come un manganello ideologico. Gianpaolo Pan...