Dalle glorie di Carlo III alla caduta di Francesco II: cosa fu realmente il Regno dei Borboni

La storia del Sud Italia sotto i Borboni è complessa e spesso fraintesa, tra mito neoborbonico e narrazione unitaria dell’italianità. Originariamente, il territorio meridionale era costituito dal Regno di Sicilia, fondato dai Normanni nell’XI secolo. Alla fine del XIII secolo, a seguito della rivolta dei Vespri, la Sicilia passò sotto il controllo degli Aragonesi, e contemporaneamente nacque il Regno di Napoli, che rappresentava la porzione continentale meridionale del regno. Curiosamente, in latino il Regno di Napoli era definito “Regno di Sicilia oltre il faro”, in riferimento al faro di Messina, a indicare la sua posizione rispetto all’isola.

Dopo quasi due secoli di vicereame spagnolo, nel 1734 Carlo III di Borbone giunse a Napoli e rese autonomi il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, ponendo le basi per una dinastia capace di governare direttamente i propri territori. Pur appartenendo alla stessa dinastia, per tutto il Settecento e fino all’occupazione francese, i Borboni regnarono sui due regni in unione personale, mantenendo identità e amministrazioni separate. Carlo III promosse riforme amministrative e fiscali, sostenne lo sviluppo delle arti e delle scienze, e lasciò un’impronta culturale duratura con la costruzione della Reggia di Caserta e l’inaugurazione del Teatro di San Carlo, simboli della sua ambizione culturale e politica. Tuttavia, il suo governo era autoritario e molte riforme non raggiungevano le classi più povere.

Ferdinando IV, succeduto a Carlo III, dovette affrontare le sfide poste dalle guerre napoleoniche e dalle tensioni sociali interne. Mantenne la continuità culturale e dinastica, ma senza modernizzare significativamente la società né ridurre le profonde disuguaglianze. I suoi successori, Francesco I e Ferdinando II, alternarono politiche di sviluppo infrastrutturale e amministrativo a governi autoritari, accentuando la repressione dei moti liberali e isolando ulteriormente il regno dalle spinte riformiste europee.


Bandiera del Regno delle Due Sicilie 

Solo con il ritorno a Napoli e la Restaurazione, nel 1815, i due regni furono formalmente uniti nel Regno delle Due Sicilie, e Ferdinando IV assunse il titolo di Ferdinando I, segnando simbolicamente la nascita di uno stato unificato del Sud. Questo dettaglio di numerazione dinastica sarebbe stato in seguito utilizzato dai detrattori del nuovo Regno d’Italia: Vittorio Emanuele II, infatti, non adottò la numerazione coerente con la tradizione dei precedenti regni italiani, ma mantenne quella del Regno di Sardegna, dando modo a molti di sostenere che nel 1861 più che un’unità vi fosse stata un’annessione dei regni italiani al Piemonte.

Francesco II, ultimo re borbonico, salì al trono in un contesto di crescente instabilità: i suoi tardivi tentativi di modernizzazione non poterono fermare l’avanzata di Garibaldi e l’annessione al nascente Regno d’Italia nel 1861, che sancì la fine della dinastia.

Il bilancio complessivo del periodo borbonico mostra un regno capace di luci straordinarie, come lo sviluppo culturale, artistico e l’autonomia politica conquistata dopo secoli di vicereame, ma anche di ombre profonde: rigidità autoritaria, arretratezza economica e sociale e incapacità di modernizzare realmente la società. La realtà storica, più complessa del mito neoborbonico, racconta di un Sud pieno di contraddizioni, tra grandezza culturale e fragilità politica ed economica, e offre chiavi interpretative fondamentali per comprendere le tensioni legate all’unificazione italiana.

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