Quando si parla di cinema e letteratura alla fine degli anni Novanta, c’è un dettaglio che colpisce: nel 1999 escono quasi in contemporanea due film diversissimi per stile e ambientazione, eppure intimamente collegati da una stessa ossessione. Da una parte Roman Polanski con La Nona Porta, liberamente tratto dal romanzo di Arturo Pérez-Reverte Il Club Dumas; dall’altra Stanley Kubrick con il suo testamento artistico, Eyes Wide Shut. Sullo sfondo di entrambi c’è un mondo che si prepara al nuovo millennio, tra timori apocalittici e desiderio di rivelazioni, un mondo che guarda alle soglie come luoghi di passaggio e di inquietudine.
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| Castello (Nove Porte) |
Il romanzo di Pérez-Reverte era un gioco raffinato di specchi e rimandi: un giallo libresco, avventuroso e ironico, in cui i rimandi a Dumas e alla grande letteratura d’avventura ottocentesca si intrecciavano con la ricerca di un grimorio oscuro, Le Nove Porte del Regno delle Ombre. Polanski decide di eliminare la dimensione metaletteraria e di concentrarsi sull’elemento più perturbante, quello esoterico. Il suo film diventa un percorso iniziatico, un itinerario che non riguarda soltanto un libro proibito, ma la trasformazione interiore di chi lo cerca. Corso, il protagonista, parte come un mercenario della bibliofilia e si ritrova a percorrere un cammino alchemico fatto di prove, simboli e sacrifici. La domanda non è più se il libro sia autentico, ma se l’iniziato sia disposto a varcare la soglia.
Kubrick sceglie un altro terreno: quello del desiderio e del potere. Eyes Wide Shut racconta la discesa notturna del medico borghese Bill Harford in un mondo nascosto, fatto di rituali segreti, maschere veneziane e società occulte. Anche qui c’è una soglia da attraversare, una porta che si apre soltanto a chi osa infrangere le regole del quotidiano. Harford entra, ma non capisce; vede, ma non possiede. La sua esplorazione non lo conduce a un sapere definitivo, bensì a un confronto spietato con la fragilità del suo matrimonio, con l’ambiguità del desiderio e con la natura stessa del potere che regola le vite dall’ombra.
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| Eyes Wide Shut - Il Rituale |
Se Polanski costruisce un film che parla la lingua dell’alchimia e dell’ermetismo, Kubrick utilizza il codice dell’eros e della psicanalisi freudiana. Eppure, entrambi raccontano lo stesso viaggio: quello dell’uomo che tenta di oltrepassare il velo della realtà ordinaria e che scopre, con dolore e stupore, che la verità non si trova all’esterno, ma dentro di sé. In La Nona Porta è il fuoco dell’ultima incisione a rivelare la vera natura dell’iniziazione: non si evoca il demonio, si risveglia l’anima. In Eyes Wide Shut è la confessione della moglie e il crollo delle certezze borghesi a dire che il rito più pericoloso non è quello dei palazzi segreti, ma quello che si consuma nell’intimità di una coppia.
È difficile credere che sia stata solo una coincidenza. Nel 1999, alla vigilia dell’anno 2000, due registi diversissimi hanno scelto di parlare delle stesse cose: la maschera, il rito, il segreto, la porta che non tutti possono varcare. Polanski e Kubrick hanno messo in scena, ciascuno a modo proprio, l’iniziazione proibita: uno attraverso i libri e il fuoco, l’altro attraverso i corpi e il desiderio. Entrambi hanno raccontato un mondo in cui la conoscenza vera non coincide con il potere, ma con la capacità di sopportare lo sguardo oltre il velo.
Il Club Dumas, nella sua forma originaria, giocava con la finzione e la letteratura, mescolando avventura e filologia; Polanski lo trasforma in un viaggio interiore, spogliato di ironia e reso oscuro e metafisico. Kubrick, invece, si appropria di un racconto di Arthur Schnitzler e lo rende parabola della società contemporanea, delle sue ipocrisie e dei suoi desideri repressi. Entrambi, tuttavia, arrivano allo stesso punto: l’uomo è un viandante davanti a porte chiuse, occhi spalancati ma incapaci di vedere fino in fondo. La verità non è un segreto da svelare in un libro proibito o in un palazzo aristocratico, ma una soglia che si apre solo dentro di noi, quando siamo pronti a guardare senza paura.


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