Dalla frammentazione alla rinascita: una strategia unitaria per i 13 Comuni e il Parco Nazionale
1. Introduzione – Un patrimonio unico, un’occasione da non sprecare
Il Parco Nazionale del Vesuvio è una delle icone naturali e culturali più riconosciute al mondo. Non si tratta soltanto di un vulcano, ma di un territorio che racchiude biodiversità, storia, arte, tradizioni agricole e un potenziale turistico enorme. Il 2024 ha segnato un traguardo storico: 617.524 visitatori hanno raggiunto il Cratere, con un incremento di quasi 86.000 presenze rispetto all’anno precedente. È un segnale chiaro: l’interesse verso il Vesuvio è in crescita, e la Campania sta vivendo una stagione di rinnovata attrattività internazionale.
Eppure, a questo boom di visitatori non corrisponde un beneficio distribuito in modo uniforme sui 13 Comuni che compongono il Parco: Ercolano, Torre del Greco, Trecase, Boscoreale, Boscotrecase, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Sant’Anastasia, Ottaviano, Somma Vesuviana, Pollena Trocchia, Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio. Ogni Comune sembra muoversi per conto proprio, senza una regia unitaria che sappia valorizzare il territorio come sistema integrato.
Il risultato è che il Parco, nato per essere un volano di sviluppo, rischia di essere percepito come un ente autoreferenziale, utile soprattutto a garantire poltrone nel Consiglio di Amministrazione a figure politiche locali rimaste senza incarichi. La mancanza di un disegno condiviso impedisce di sfruttare pienamente la visibilità internazionale del Vesuvio e di trasformarla in occupazione, reddito e crescita sostenibile.
2. Le criticità – Una macchina che non lavora in squadra
Le difficoltà partono dalla governance. Oggi le nomine all’interno dell’ente Parco rispondono più a logiche politiche che a criteri di competenza. Questo genera una gestione debole, con poca trasparenza e scarsa capacità di pianificazione a lungo termine.
Sul piano territoriale, la frammentazione è evidente: non esiste un vero piano intercomunale che metta in rete le risorse, coordini gli eventi e presenti il Vesuvio come un’unica destinazione turistica. Ciascun Comune sviluppa iniziative proprie, talvolta in concorrenza con quelle dei vicini. La conseguenza è una perdita di forza contrattuale anche quando si tratta di accedere ai fondi europei e al PNRR: invece di presentare progetti con massa critica, si moltiplicano micro-proposte che raramente riescono a vincere i bandi più importanti.
A tutto questo si aggiunge una valorizzazione incompleta delle risorse. Il patrimonio naturalistico e culturale non viene raccontato come un’esperienza integrata: un visitatore che raggiunge il cratere spesso non viene guidato a scoprire i sentieri meno noti, i borghi, le aziende agricole o le botteghe artigiane. L’infrastruttura turistica è disomogenea: in alcuni Comuni mancano collegamenti efficienti, segnaletica chiara e punti di informazione adeguati. La promozione, quando c’è, è frammentata e poco riconoscibile a livello internazionale.
3. Una nuova visione – Dal vulcano simbolo alla rete territoriale
Ribaltare questa situazione è possibile. La condizione imprescindibile è creare una regia unica, capace di far lavorare insieme i 13 Comuni e l’Ente Parco verso obiettivi concreti e misurabili.
Il primo passo è un Patto per il Vesuvio: un accordo vincolante tra amministrazioni locali che metta nero su bianco un programma pluriennale, definisca responsabilità e tempi, e preveda indicatori di risultato chiari. Il Parco deve tornare a essere un motore di sviluppo, e non un soggetto neutro che si limita ad amministrare vincoli e permessi.
Il patto dovrebbe poggiare su tre pilastri. Il primo è la governance per competenze: i vertici del Parco e le figure strategiche devono essere scelti con procedure trasparenti e basate su merito ed esperienza, non su appartenenza politica. Il secondo è la strategia unitaria: un Masterplan del Vesuvio che metta in rete sentieri, siti culturali, aziende agricole e artigiane, eventi e servizi turistici, costruendo un vero brand “Vesuvio” riconoscibile nel mondo. Il terzo è la partecipazione attiva della comunità: cittadini, imprese e associazioni devono avere spazi e strumenti per proporre idee, monitorare l’operato e partecipare alle decisioni, ad esempio con una consulta permanente e un bilancio partecipativo.
4. Come trasformare le idee in risultati
Il “Patto per il Vesuvio” non deve essere un manifesto di buone intenzioni, ma un programma operativo. Significa che entro il 2025 si può avviare l’ufficio unico per intercettare fondi europei e nazionali, lanciare il marchio territoriale “Vesuvio” per i prodotti tipici e avviare i primi progetti di itinerari integrati.
Nel 2026 dovrebbero già essere percorribili i primi 20 chilometri di rete sentieristica collegata a cantine, agriturismi, musei e laboratori artigiani, accompagnati da un grande evento diffuso che tocchi tutti i Comuni. Entro il 2027 la rete va estesa a 50 chilometri, con un aumento tangibile dei visitatori internazionali. Nel 2028, la valutazione degli obiettivi servirà a rinnovare e rilanciare il patto per un nuovo ciclo di crescita.
5. Perché agire adesso
Il Vesuvio è già sotto i riflettori, grazie ai numeri record di presenze e alla crescente curiosità di un turismo internazionale che cerca esperienze autentiche. La Campania, nel 2022, ha superato i 18 milioni di presenze turistiche complessive, con una permanenza media di 3,4 notti e quasi la metà dei visitatori provenienti dall’estero. È una finestra di opportunità che non resterà aperta per sempre.
Se i 13 Comuni continueranno a muoversi in ordine sparso, il boom resterà un fenomeno episodico, e i benefici economici si concentreranno solo su alcune aree. Se invece il territorio sceglierà di lavorare come una rete unica, il Vesuvio potrà diventare un modello di sviluppo sostenibile, capace di generare occupazione, proteggere l’ambiente e rafforzare l’identità locale.
In sintesi, il Patto per il Vesuvio è una sfida e un’opportunità. È il passaggio dal raccontare un vulcano al raccontare un territorio intero, coeso e consapevole della propria forza. È la possibilità di trasformare un simbolo in una strategia, e un’icona in un’economia viva.

Nessun commento:
Posta un commento