Ma mentre riflettevo sulla sua vita, mi sono reso conto di una cosa che mi ha colpito profondamente. Nonostante le tante occasioni e appuntamenti dati a Napoli, in piazza Cavour, proprio nei pressi del Museo Archeologico, lui, come intere generazioni di napoletani, non ha mai messo piede dentro. Nemmeno la prima domenica del mese, quando l’ingresso è gratuito.
Questa realtà non è isolata. Nel mio territorio, nella zona vesuviana, ho incontrato persone anziane che non hanno mai visto il mare, o una donna di Madonna dell’Arco che non era mai stata a Napoli. Contadini che non conoscevano il mare, persone nate e cresciute in luoghi così vicini, eppure così lontani dalla cultura “ufficiale”.
Oggi però il problema si fa più complesso. Gli analfabeti funzionali non sono più solo persone con scarsa istruzione, ma anche individui laureati che, pur avendo studiato, non riescono a superare la superficie delle informazioni. Sanno leggere e scrivere, ma sono incapaci di pensare oltre l’ovvio, incapaci di rielaborare ciò che apprendono in modo critico e creativo.
Questi individui si lasciano facilmente influenzare da “guru” improvvisati sui social, affidandosi a chiunque offra risposte semplici, spesso a scapito del ragionamento autonomo. La cultura, invece, è quella forza che smonta, riassembla e dà senso alle informazioni in base a una coscienza critica e profonda.
La tragedia è che in una società così piena di dati e contenuti, molti restano prigionieri di abitudini mentali e automatismi, come se fossero governati da algoritmi invisibili. Si sa già quale sarà la loro risposta, e questo limita enormemente la possibilità di crescita personale e collettiva.
Ma c’è anche un lato positivo: esistono persone che, tra i social, trasmettono vera conoscenza e passione per la storia, il folklore, la scienza. Io stesso seguo la pagina Facebook del Prof. Amedeo Colella, che con le sue pillole di folklore napoletano è una vera boccata d’aria fresca in mezzo a tanta disinformazione.
Voglio portare mio padre a visitare il Museo di Piazza Cavour. Vorrei che a 92 anni vedesse, per la prima volta, quel patrimonio di arte, storia e cultura che ha sempre ignorato. Ma temo che declinerà l’invito. Come si può vivere una vita intera senza aver varcato la soglia di un luogo così importante?
Questo piccolo episodio è il simbolo di un fenomeno molto più ampio: una massa di analfabeti funzionali che si privano di esperienze fondamentali, di conoscenze che vanno ben oltre il semplice sapere.
Se vogliamo davvero cambiare le cose, dobbiamo iniziare a coltivare la cultura come esperienza, come capacità di pensiero critico, e non solo come accumulo passivo di informazioni. Solo così potremo superare il paradosso di una società che ha tutto a portata di mano, ma rinuncia a usarlo davvero.

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