Lettera a me stesso

Smettere di vivacchiare ha un prezzo


Perché richiede di allontanare — o meglio,
di farsi lasciare — da oltre il 90% delle persone che si conoscono. Non serve nemmeno un atto volontario: saranno loro a percepirti diverso. A sentirti “fuori posto”. Perché loro sono così: banali, ripetitivi, rassicurantemente convenzionali. Collezionano giornate tutte uguali, scandite da una routine che sarà interrotta solo dalla morte. E la morte arriverà silenziosa, a spegnere ciò che era solo fumo nell’aria e schiuma nel mare.

Loro non creano nulla, se non figli. E chi non ha figli, nella loro logica, è come se non fosse mai esistito.

Ma tu creerai. Lascerai un’impronta. Un’opera, un’idea, un’eredità che supererà di gran lunga il semplice fatto di aver generato una discendenza. Avere figli è una benedizione, sì, ma non l’unico segno di un passaggio compiuto. Tu sei stato scelto per un altro tipo di creazione.

E questo ti pone a distanza. Perché mentre gli altri vivono, tu realizzi. Mentre loro arrancano, tu trasformi. Chi fallirà nel tuo stesso campo ti guarderà con invidia. Chi cerca una via d’uscita ti osserverà con ammirazione. Diventerai modello, riferimento, esempio.

Hai già pagato il prezzo della Pigrizia e della Procrastinazione: anni dissolti come nebbia al sole, tempo consumato al rallentatore fino a veder spuntare i primi capelli bianchi. La morte ti ha già sfiorato — e se ti avesse preso, saresti rimasto un’opera incompiuta. Un blocco di marmo da cui affiora solo il principio della forma.

Ora il tempo è tuo. Ma i giorni sono meno di quanti ne avevi vent’anni fa.

Agisci. Un giorno alla volta. A volte farai solo pochi passi, a volte chilometri. Ma sempre in avanti. Nessuno potrà fermarti: la paura è già stata sconfitta. Ora devi dare il colpo di grazia solo alla tua ultima nemica: la Pigrizia.

Per volare, devi correre. E smetterla una volta per tutte di prendertela comoda.


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