Una Scuola Senza Qualità, Senza Merito, Senza Futuro

Il Declino della Cultura Pubblica


Benvenuti nel Refugium Peccatorum: Cronaca di una Scuola che Non Insegna più


La scuola italiana è in crisi profonda. Quella che un tempo era considerata un pilastro della formazione civile e culturale del Paese oggi sembra diventata un guscio vuoto: inefficiente, diseguale, burocratizzata, e spesso indifferente ai bisogni reali degli studenti. In molti casi, non insegna più davvero.

Ma com’è possibile che l’istruzione pubblica, teoricamente gratuita e accessibile a tutti, stia perdendo così tanto terreno? Le cause sono molteplici, complesse e, purtroppo, ignorate da buona parte della politica.


Crollo della qualità educativa

Gli indicatori internazionali parlano chiaro: i livelli di apprendimento degli studenti italiani sono sotto la media europea. Le competenze in matematica, lettura e scienze sono spesso insufficienti, con forti disuguaglianze tra Nord e Sud, tra centro e periferia, tra studenti con e senza supporto familiare.

Ma non è solo questione di numeri. A essere in crisi è l’intera idea di scuola come luogo di formazione critica e culturale.


Il merito dimenticato

Uno dei nodi più gravi è quello del reclutamento dei docenti. Il sistema attuale si basa in gran parte su graduatorie provinciali per le supplenze, che spesso favoriscono chi ha accumulato punteggi in modo opportunistico piuttosto che chi possiede reale vocazione o preparazione.

Il risultato è un corpo docente spesso disomogeneo, precario e demotivato, dove a farne le spese sono soprattutto gli studenti. La scuola diventa così – per dirla con un’espressione ormai ricorrente – un “refugium peccatorum”, un rifugio per chi non ha trovato lavoro altrove, anziché una comunità educativa guidata da passione e competenza.


Disuguaglianze e false inclusioni

La retorica dell’inclusione spesso non trova riscontro nella realtà quotidiana. Gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) o disabilità vengono affidati a insegnanti di sostegno non formati, non stabili, spesso scelti all’ultimo momento. Non esiste vera continuità didattica. La scuola non include, scarica.

Nel frattempo, le differenze territoriali si accentuano: nel Sud Italia il tasso di abbandono scolastico è più alto, e la percentuale di adulti senza diploma raggiunge quasi il 6%. L’ascensore sociale è bloccato.


Edifici fatiscenti, autonomia negata

Il declino della scuola è anche materiale. Tantissimi edifici scolastici sono vecchi, pericolanti, inadeguati. In alcune aule mancano perfino le sedie. La digitalizzazione è rimasta ferma agli annunci. E la tanto decantata “autonomia scolastica” resta un’illusione: i dirigenti non possono scegliere i docenti, né progettare davvero la didattica.


La pandemia ha fatto esplodere il problema

La didattica a distanza ha lasciato dietro di sé un deserto. Studenti persi, difficoltà cognitive aggravate, relazioni interrotte. In particolare, gli alunni fragili o con famiglie svantaggiate hanno pagato il prezzo più alto. La scuola non è riuscita a proteggerli.


Il circolo vizioso del fallimento

Questa degenerazione non è solo una questione educativa: è un problema culturale e politico. Una scuola pubblica che smette di funzionare condanna il Paese all’ignoranza, alla disuguaglianza e alla rassegnazione. L’istruzione non è più leva di emancipazione, ma spesso una trappola sociale.


Ricostruire, non rattoppare

La soluzione non può essere un’altra riforma di facciata. Servono azioni strutturali e coraggiose:

  • Un reclutamento meritocratico e trasparente, con percorsi chiari di formazione iniziale e carriera.

  • Valorizzazione del ruolo docente, anche economicamente e socialmente.

  • Investimenti massicci nel Sud e nelle periferie.

  • Inclusione vera, con sostegno stabile e specializzato.

  • Autonomia vera, per dirigenti e scuole.

  • Innovazione reale, non solo digitale ma anche pedagogica.


Conclusione

Una scuola senza qualità, senza merito, senza futuro non è solo una scuola che fallisce. È un Paese che rinuncia a crescere. È una cultura pubblica che si spegne. E questo, in fondo, riguarda tutti noi.

Non possiamo più permetterci di ignorare il collasso. È tempo di ricostruire. Da zero, se necessario.


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